giovedì 8 dicembre 2011

Camorra, piccoli grandi Saviano che nessuna fila e che non vanno in tv


Caserta -- Parlare al telefono con due superlatitanti, capi del clan dei Casalesi, poi arrestati. Ricevere quella che qualcuno considera una minaccia, qualcun altro un avvertimento. Carlo Pascarella, nalista professionista di Caserta, originario di Pignataro Maggiore, terra della cosca Lubrano-Ligato-Nuvoletta, da sempre impegnato sul fronte della cronaca nera, da quattro mesi disoccupato, ha avuto un 'onore' speciale, quello di ascoltare la voce dei super boss Antonio Iovine e Michele Zagaria.

Dopo la cattura nel bunker di Casapesenna di quest'ultimo, la telefonata e' tornata d'attualita', simbolo del fastidio che possono provocare i giornalisti impegnati a fare il proprio lavoro in un territorio difficile. Era il novembre del '98, le 19 di una normale giornata di caos redazionale. A Pascarella, all'epoca al Corriere di Caserta, passano una telefonata dal centralino. Alza il ricevitore ed ecco i due super boss che si passano il telefono per dirgli che quei suoi articoli, a quattro mesi dalla cattura di Francesco Schiavone Sandokan, dicono il falso. Loro, Antonio Iovine e Michele Zagaria, non sono affatto in competizione per conquistare il posto di leader della cosca dopo l'arresto del capo. Ci tengono a dirlo e farlo sapere a chi legge il giornale. Zagaria ci tiene a dire che la sua non e' una minaccia ma il tono appare eloquente. ''All'inizio, quando cominciarono a parlare - dice Pascarella - ero un po' scettico, pensavo a uno scherzo. Non pensavo affatto che due latitanti di quel calibro si scomodassero a parlare con un giornalista all'inizio della sua carriera. Dopo, quando iniziai a realizzare che la cosa era molto seria, andai alla Squadra Mobile della Questura di Caserta ma li' mi dissero di stare tranquillo. La telefonata era stata intercettata. Per un anno sono stato sottoposto a una vigilanza attiva con la presenza della polizia sotto casa mia''. Da quel momento, anche se ''inizialmente un po' spaventato come penso sia comprensibile, ho continuato a fare le mie battaglie rimanendo nella mia terra, facendo qualche errore ma restando sempre qui''. La sua battaglia Pascarella l'ha fatta ''ancor piu' che contro i Casalesi, contro il clan che dominava nel mio paese e infatti hanno messo una bomba sotto casa mia, a Pignataro Maggiore, ed il mobilificio di mia sorella non esiste piu'''.

GOMORRA, L'ORIGINE. Pascarella ci tiene a dire di aver perseverato nel denunciare la presenza asfissiante della criminalita' organizzata: ''la volete sapere una cosa? Il primo a coniare il termine 'Gomorra' sono stato io, nel 1998, subito dopo quella famosa telefonata. Col mio gruppo rock feci una canzone dal titolo Sodoma e Gomorra proprio contro la camorra. Oggi sono ancora qui e continuo, in tutte le forme possibili, a denunciare anche gli effetti negativi che sull'economia del territorio provocano queste presenze. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno sostenuto tutti i cronisti impegnati sul fronte anticamorra e adesso che sono un po' a riposo forzato mi sto dedicando alla scrittura del mio primo libro in cui - annuncia Pascarella - raccontero' la mia esperienza giornalistica e il mio impegno contro la camorra''.

mercoledì 7 dicembre 2011

Camorra, arrestato il boss di Gomorra Michele Zagaria


dal portale web Pupia.tv

Caserta -- La primula rossa è finita in manette alle 11.30 di mercoledì mattina, in un'operazione congiunta della squadra mobile di Napoli e di Caserta, del Servizio centrale operativo e dei carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. L'ultimo grande capo del clan casertano è stato scovato in un covo situato in via Mascagni, nel cuore di Casapesenna, già individuato nei giorni scorsi. Al momento dell'arresto il boss è stato colto da un malore ed è stato soccorso da un'ambulanza. Il boss ha lasciato il covo alle 13, a bordo di un'auto con i vetri oscurati per essere accompagnato in Questura, a Caserta. Poi è stato trasferito in Questura a Napoli.

Il blitz è scattato intorno alle 3 del mattino, poi, una volta accertata la presenza del latitante nell'abitazione, le forze dell'ordine hanno avviato una trattativa, durata un'ora, fino alla resa. "Non sparate, non sparate", queste le prime parole del superboss, che si nascondeva sotto cinque metri di cemento armato, tra il pavimento dell'abitazione e un bunker sotterraneo. "Avete vinto voi, ha vinto lo Stato", ha detto ironico.

L'abitazione è di Vincenzo Inquieto, detto "Enzo il tubista", la cui moglie, che era In casa, è stata arrestata. Si tratta di uno dei fratelli Inquieto, famiglia di Aversa che lo scorso anno si era vista perquisire dalla squadra mobile di Napoli, un negozio e un'abitazione alla ricerca di un covo riconducibile a Zagaria. Fu sventrato l'intero negozio ma del boss e di un bunker nessuna traccia. Tuttavia, l'intuizione degli inquirenti della vicinanza di questa famiglia a Zagaria si è poi rivelata corretta.

Entusiasmo tra le forze dell'ordine presenti che hanno cominciato ad abbracciarsi e a scandire slogan. Prima di individuare il covo del boss, sono state eseguite centinaia di perquizioni in case private. Sul posto il procuratore capo della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho.

I POLIZIOTTI INNEGGIANO A PISANI. All'uscita del boss dalla Questura di Caserta un coro di poliziotti che gridava, scandendo a ritmo da stadio, il nome dell'ex capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani. Sembra sia stato proprio Pisani a mettere le manette al polso del boss. Il vicequestore dallo scorso 30 giugno risulta indagato con richiesta di rinvio a giudizio dei pm partenopei nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla Procura di Napoli su presunti legami tra camorra e imprenditori di ristoranti considerati macchine di riciclo di denaro sporco. Pisani, attualmente allo Sco di Roma, è stato allontanato dal suo ufficio di via Medina lo stesso giorno in cui scattarono gli arresti dell'operazione "Megaride". Per lui l'accusa fu di favoreggiamento e gli fu vietata la dimora a Napoli e provincia. Ora riappare protagonista dell'arresto di uno dei più pericolosi boss della camorra casalese. Non ha potuto partecipare alla conferenza stampa, ma ha potuto festeggiare con i suoi vecchi compagni della squadra mobile. Pisani aveva guidato le indagini dell'arresto dell'altro boss della camorra casalese Antonio Iovine.

IL PROFILO DEL BOSS. 53 anni, nato il 21 maggio 1958, Zagaria, soprannomianto "Capa storta", era ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, rapina ed altro. Dall'8 febbraio 2000 erano state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali. La sua specializzazione è il settore edile ed è accreditato di grande capacità manageriale. E' stato in grado di mettere insieme, in un giorno di chiusura delle banche, 500 mila euro per l'acquisto di un immobile a Parma. Le sue imprese casertane sono riuscite ad imporsi sul mercato nazionale non solo praticando prezzi concorrenziali ma anche garantendo costantemente sui cantieri uomini e mezzi e tempi ridotti per la realizzazione delle opere. In uno dei processi che lo hanno visto imputato, è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione anche il suocero di Pasquale Zagaria, Sergio Bazzini, imprenditore di Parma del settore del cemento, con interessi a Milano, Parma e Cremona. Gli investigatori ritennero Bazzini - del quale Zagaria aveva sposato la figliastra - una testa di legno del boss per controllare gli interessi del clan tra Emilia Romagna e Lombardia.

domenica 4 dicembre 2011

Corruzione negli Enti pubblici: peggio dell'Italia in Europa solo Romania e Grecia



Roma -- E' la Nuova Zelanda la nazione dove è meno sentita la corruzione nella pubblica amministrazione; Somalia e Nord Corea sono le più corrotte. A riferirlo è l'ultimo rapporto pubblicato da una organizzazione apartitica e non profit con sede a Berlino (http://cpi.transparency.org/cpi2011/).

L'Italia si piazza alla 69esima posizione (peggio di Ghana, Georgia, Turchia, Cuba solo per citarne alcune) nella lista comprendente circa 180 paesi.

In generale, le prime posizioni sono occupate quasi tutte da nazioni europee (Scandinavia in testa) con l'eccezione della Nuova Zelanda al primo, Singapore al quinto e Australia all'ottavo a pari merito con la Svizzera.

Alla Somalia e al Nord Corea la maglia nera; sempre in fondo alla graduatoria - là dove è più sentita la corruzione nella PA - ci sono anche Myanmar, Afghanistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Sudan, Iraq, Haiti e Venezuela.

Il rapporto è stato redatto dalla Transparency International, che ha spiegato come i risultati dell'inchiesta siano basati su "... diverse valutazioni e sondaggi di opinione effettuati da istituzioni indipendenti e rispettabili".

Le informazioni utilizzate per compilare il rapporto includono "... le questioni relative alla corruzione dei pubblici ufficiali, le tangenti negli appalti pubblici, l'appropriazione indebita di fondi pubblici e l'impegno dello Stato nella lotta alla corruzione".

L'indice utilizza una scala da 0 a 10 punti per misurare la corruzione percepita, con lo zero assegnato alla naziona altamente corrotta e il 10 alla nazione più pulita.

La prima della classe, Nuova Zelanda, ha un punteggio di 9,5. Somalia e Corea del Nord, le maglie nere, hanno un punteggio pari 1.0; all'Italia il misero punteggio di 3.9, tra i dati peggiori di tutti i paesi afferenti all'Ue (peggio solo Romania e Grecia).